IL MONACIELLO
Un episodio misterioso raccontato in modo minuzioso e con particolari realistici, potrebbe suscitare in chi ascolta interesse; naturalmente però, se viene raccontata una vecchia storia sbiadita dal tempo, tramandata da padre in figlio, magari per diverse generazioni, diventa tutto molto più affascinante e coinvolgente dal punto di vista emotivo.
A volte però, accade che la vecchia storia protratta per decenni, subisca nel tempo delle involontarie modifiche, imputabili per lo più, all'innato estro narrativo di chi racconta (omissione di tracce ritenute poco importanti, piccole dimenticanze o addirittura inserimento di nuovi particolari per rendere il tutto più credibile). Questa involontaria, ma continua alterazione della versione originale del racconto, può trasformare la vecchia storia, generando (se questa è già molto radicata) addirittura una credenza popolare di straordinario impatto suggestivo.
La nostra tradizione è talmente ricca di credenze, che sarebbe arduo farne un preciso conteggio; tra di esse, però, spesso si sente parlare di fantasmi, licantropi (il cosiddetto Lupo Mannaro) e monacielli. In questa pagina cercheremo di analizzare per quanto possibile il fenomeno "Monaciello", ossia quella presenza inafferrabile e misteriosa che per anni è stata protagonista delle cosiddette storie da focolare, raccontate dagli anziani di famiglia.
A volte però, accade che la vecchia storia protratta per decenni, subisca nel tempo delle involontarie modifiche, imputabili per lo più, all'innato estro narrativo di chi racconta (omissione di tracce ritenute poco importanti, piccole dimenticanze o addirittura inserimento di nuovi particolari per rendere il tutto più credibile). Questa involontaria, ma continua alterazione della versione originale del racconto, può trasformare la vecchia storia, generando (se questa è già molto radicata) addirittura una credenza popolare di straordinario impatto suggestivo.
La nostra tradizione è talmente ricca di credenze, che sarebbe arduo farne un preciso conteggio; tra di esse, però, spesso si sente parlare di fantasmi, licantropi (il cosiddetto Lupo Mannaro) e monacielli. In questa pagina cercheremo di analizzare per quanto possibile il fenomeno "Monaciello", ossia quella presenza inafferrabile e misteriosa che per anni è stata protagonista delle cosiddette storie da focolare, raccontate dagli anziani di famiglia.
ORIGINI DELLA CREDENZA
Secondo alcuni scritti (dei quali, però, non garantiamo l'effettiva attendibilità), la credenza del Monaciello a Napoli era già in essere nel 1578, quando nel "Pragmatica de locto et conduco" (raccolta di leggi che regolavano gli affitti), veniva dedicato un intero articolo sul Monaciello, stabilendo che se il locatario veniva assalito da un Monaciello poteva lasciare l'abitazione senza pagare l'affitto.
CENNI DESCRITTIVI
Da ciò che si racconta il Monaciello è uno spirito domestico di piccola statura (alto poco meno di mezzo metro), occhi vispi spiritati e cappuccio in testa, egli indossa un saio scuro monacale (da ciò ha origine il nome). Predilige le vecchie abitazioni nelle quali si insidia, appare di notte manifestandosi solo ad alcuni membri della famiglia. Ama impaurire facendo dispetti di vario genere (pizzica, morde, rumoreggia, nasconde o rompe oggetti). Secondo alcuni, però, il Monaciello può essere anche utile (rivelando i numeri al lotto, indicando tesori nascosti o più semplicemente ricambiando l'ospitalità con monete d'oro).
MONACIELLO A CASTELLAMMARE
Molto radicato anche nella cultura popolare stabiese, il fenomeno Monaciello ha rivestito per anni notevole importanza. Basti pensare che a Castellammare di Stabia esiste ancor oggi via Monaciello (a monte, nei pressi dell'antico terziero di Scanzano). Questa denominazione fu attribuita per voce pubblica, poiché si dice che in tale luogo (fino agli anni '50) con i favori della notte, sovente appariva il Monaciello che con calci e percosse aggrediva l'incauto malcapitato di passaggio.
IL MONACIELLO NELLA TRADIZIONE PARTENOPEA
Secondo l'antica tradizione partenopea, a Napoli il Monaciello è vissuto nel celebre e antico palazzo rinascimentale fatto costruire (secondo la leggenda) da Riccardo Cuomo nel 1292, signore del feudo di Alvignano (paese che confina con Alife), ma portato al massimo splendore nel periodo aragonese, dal discendente Angelo Cuomo, uomo di fiducia del re di Napoli Alfonso d'Aragona, nel 1464 (oggi sede del Museo Civico Gaetano Filangieri). Il palazzo “Cuomo”, piacque talmente tanto al condottiero e uomo politico Filippo Strozzi (il più importante esponente dell'omonima famiglia di banchieri fiorentini) che quando tornò nella sua Firenze dopo il suo lungo soggiorno a Napoli, chiamò gli architetti Benedetto da Maiano e Giuliano da Sangallo e commissionò loro lo stupendo palazzo Strozzi che ancor oggi ammiriamo a Firenze e che rimane uno dei più bei palazzi rinascimentali del mondo. Il palazzo Cuomo quindi, era una delle dimore preferite (gusti raffinati, direi...) del Monaciello napoletano. Anche mia nonna (napoletana di piazza del Gesù) me lo raccontava e diceva che ne aveva sentito parlare anche dal marito, nonno Gaetano Cuomo, "napoletano di via Duomo", quindi DOC (nato e cresciuto di fronte a palazzo Cuomo).
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